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Percorso nel mito

Percorso nel mito è una mostra personale di Onofrio Pepe, che si è tenuta nel 2001 presso Palazzo Panciatichi, sede del Consiglio Regionale della Toscana a Firenze.

In origine è il Percorso del mito il titolo riassuntivo, maturato una domenica mattina con Francesco Gurrieri, protagonista del dibattito artistico internazionale:

“Il ‘Percorso del mito’ è un titolo riassuntivo, maturato in uno dei consueti incontri mattinali della domenica, nello studio di Onofrio Pepe in San Frediano. Uno studio ormai zeppo di opere tra le quali bisogna traversare con attenzione per non urtarle e far danni”.

(Gurrieri)

La personale ospitava 18 sculture monumentali e 8 bozzetti in bronzo e refrattario, che richiamano i racconti fantastici della mitologia classica, il mondo di Leda e il cigno, Orfeo, Icaro e Giove, Dafni e altre donne straordinarie.

Nell’introduzione al catalogo della mostra, l’allora Presidente del Consiglio Regionale della Toscana Riccardo Nencini descriveva quest’importante evento:

“Un palazzo delle istituzioni che ospita opere d’arte di altissimo pregio è in parte una novità. Ci proponiamo di farla diventare un’abitudine: uno spazio espositivo in pieno centro storico destinato ad artisti il cui legame con la Toscana sia evidente.

Il moderno, dunque, accanto all’antico: la contemporaneità dentro la storia rinascimentale che ha reso Firenze e la Toscana intera conosciute e invidiate nel mondo; l’arte contemporanea in Palazzo Panciatichi di fronte a Palazzo Medici Riccardi ed ai suoi splendidi gioielli artistici del secolo d’oro fiorentino”.

(Nencini)

Così, Onofrio Pepe aiuta ad aprire le porte dell’assemblea legislativa alle donne ed agli uomini della Toscana.

Anche in questo caso, è da notare come il mito ritrovi la sua attualità in una società moderna:

“Si vive un singolare processo di straniamento guardando, toccando, affezionandosi a queste sculture, in una società come la nostra, che ha perso da tempo ogni rapporto col mito.

Un linguista direbbe che l’involontario processo di queste opere è la deautomatizzazione del linguaggio, una deformazione semantica del mito, caparbiamente riproposto fra taxi, scooter e grossi bus urbani.

Ma è proprio questa, forse, la provocazione della scultura di Pepe: una sorta di ‘antologia di ossimori’, di ‘urli silenziosi’, di ‘morte che vive’, di ‘mito e realtà”.

(Gurrieri)

Gurrieri nota che “Pepe ha fatto del ‘mito’ la sua personale metafora, la sua ragione di vita: dalla quale, però, ora anche per noi, è difficile sottrarsi” (Gurrieri).

Del resto anche gli artisti sono semplici uomini:

“In definitiva – si chiede lo storico dell’arte Marsan – che cos’è la pena di un poeta, di uno scultore e di un filosofo se non la pena di molti? E che cosa può fare un poeta – alla stessa stregua d’uno scultore, d’un pittore e d’un musicista – se non ammonire?”

(Marsan)

Altro tratto distintivo è quello dell’erotismo, per cui la plastica di Pepe evidenzia l’avvinghiarsi dell’amplesso come momento generativo della vita. Gurrieri descrive il processo di erotizzazione della scultura di Pepe come:

“un processo conscio-inconscio […] a cui è difficile sottrarsi; una spinta erogena capace di sensazioni e di stimoli. Un eros da captare, con sensori diversi, quale impulso d’amore, di spinta platonica verso il bene supremo, di freudiano istinto di vita, di protocollo di autoconservazione”

(Gurrieri).

Con questa mostra, la scultura di Pepe raccoglie i principali protagonisti delle storie antiche in un unico vestibolo del mito e del più dolce erotismo.

Dal Ratto d’Europa, si passa per la storia di Leda e il cigno e attraverso la vicenda di Orfeo, che coi suoi suoni delicati anima ogni cosa intorno a sé.

Vi è l’onnipresente Icaro, sospeso tra ambizioni e precipizi. Inoltre, Pepe ci propone la figura dell’Amazzone, col suo rituale concedersi una volta l’anno, e lo splendido Dafni, il pastore innamorato della pastorella Clòe.