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Il Mito di Europa

Il mito di Europa è una mostra personale di Onofrio Pepe, tenutasi nel 2002 nel chiostro rinascimentale della Badia Fiesolana a Firenze.

Yves Mény, in qualità di Presidente dell’Istituto Universitario Europeo (organizzatore della mostra), riconosceva nel chiostro rinascimentale della Badia una cornice naturale idonea ad accogliere questi capolavori:

“In effetti – rilevava – fin dalle sue origini, permane in questi luoghi quello ‘spirito’ che lega attraverso i secoli la storia, la filosofia e la mitologia della Grecia Antica con il mondo ‘moderno’, sia esso il quindicesimo o il ventunesimo secolo”.

(Mény)

In questa personale, Pepe si concentra su uno dei miti fondatori della civiltà greca: il Ratto d’Europa. La storia racconta che Zeus, con lo scopo di far sua la bellissima fanciulla, si trasformò in un toro domestico, per poi avvicinarla ed invitarla a salire sul suo dorso.

Europa, affascinata dalla bestia, venne dunque condotta  attraverso il Mar Mediterraneo, finché, approdati a Creta, Zeus rivelò la sua vera identità e tentò di usarle violenza.

Questo, come ogni altro mito eterno, si presta a molteplici interpretazioni ed offre varie chiavi di lettura: “Unisce Europa nel suo continente di origine (Asia), evoca l’ambiguo rapporto tra uomini e donne, l’alternarsi di violenza e passione che vi può essere in una storia d’amore” (Mény). Ma non solo:

“Il mito di Europa e il toro assume nuovi significati all’inizio del ventunesimo secolo, quando il ruolo dell’Europa nel mondo è in fase di forte trasformazione sul piano culturale e la cultura vuol dare un contributo specifico alla costruzione dell’Unione Europea.

Tale contributo deve andare nella direzione di una critica alle vecchie forme di identità europea basate sull’esclusione di altri, sul presunto primato del nostro continente e sulla gerarchia interna alle regioni europee.

Oggi ci attendiamo dalla cultura una visione del mondo in cui la specificità dell’Europa sia pienamente conciliata con il riconoscimento dei contributi di ogni altro popolo, ciascuno con pari dignità, senza pretese di supremazia, anzi con desiderio di cooperazione e di scambio […].

Il mito di Europa è significativo in questa luce perché ci ricorda il carattere interculturale della tradizione europea, parlandoci delle sue radici nell’Asia Minore […]

Il mito testimonia gli stretti rapporti tra la Grecia, l’Asia e l’Africa (l’Egitto), in particolare per quanto riguarda la trasmissione di culti come quello dei tori e di tecniche come l’alfabeto”.

(Passerini)

Luisa Passerini, Professore Esterno di Storia del Ventesimo Secolo all’Istituto Universitario Europeo di Firenze, nota inoltre come quest’immagine rappresenti l’esigenza di integrare l’umano con la natura e l’animale e i conflitti che accompagnano da sempre l’emancipazione femminile:

“In questo quadro Europa diventa simbolo di un antico potere delle donne – nella sfera privata ed emotiva – oggi perduto, ma al quale molte di loro vogliono ispirarsi per temperare e modificare le nuove forme di potere che stanno conquistando nella sfera pubblica, sia politica, sia economica”.

(Passerini)

Ma l’opera di Onofrio Pepe è anche una sorta di monito per gli stessi abitanti del continente europeo:

“Il riallacciarsi a motivi antichi in chiave innovativa è molto rilevante per qualificare anche il nostro atteggiamento verso l’Europa: non lasciare nulla di irriflesso a ciò che abbiamo ereditato dal passato, ripercorrere costantemente il nostro patrimonio culturale e artistico e il nostro senso di appartenenza europeo”.

(Passerini)

Per la professoressa, l’iniziativa è “un gesto di lungimiranza culturale, che mostra una viva sensibilità agli aspetti simbolici della costruzione europea e al loro ruolo nel nostro modo di sentirci europei” (Passerini).

Pepe offre la sua sensibile e sensuale interpretazione, in cui seduzione e violenza si intrecciano ambiguamente.